All’indomani dell’8 marzo, che mai come quest’anno ha detto no alla violenza maschile contro le donne, un colpo di pistola aggiunge un’altra vittima alla conta delle donne uccise dai “loro“ uomini, uomini che amavano o avevano amato. Stavolta, però, all’indignazione e alla compassione si aggiunge lo sconcerto: la vittima è una donna, ma ad ucciderla è stata un’altra donna e questo sembra stravolgere ogni categoria analitica.
Nondimeno, pur senza voler entrare nell’intimità dei vissuti della coppia di Gussago, emerge una conferma: è spesso nella coppia che si annida l’ospite inquietante, è nelle relazioni intime che l’esercizio del potere e del controllo può deflagrare in pulsione annichilente, può armare la mano di chi – rovesciando in odio, rabbia e disprezzo l’amore di un tempo – mostra che la violenza si colloca anche là dove meno dovremmo aspettarcela. Tuttavia l’esito letale non è mai frutto di raptus, anzi – come insegna il metodo SARA (Spousal Assault Risk Assessment) per la valutazione del rischio di recidiva nei casi di violenza fra partner – è sempre preceduto da indicatori di rischio, che in questo caso sono stati certamente minimizzati: dopo il litigio la vittima designata dorme ignara, ma la presenza di un’arma, anche se detenuta legalmente, è un fattore di rischio che non si dovrebbe sottovalutare. Le donne possono uccidere: nella maggior parte dei casi per reagire ad una vita di soprusi, ma anche per gelosia ossessiva e possessività; i numeri ci dicono però che la vera strage la compiono i mariti, i fidanzati, gli ex. I fatti di cronaca per omicidio sono molti, inoltre i media – laddove le forze dell’ordine procedano ad arresti – danno ormai notizia anche di fatti meno clamorosi, ad esempio stalking e maltrattamenti in famiglia: e questi ultimi, come riconosce la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla” prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”, colpiscono indubbiamente le donne in maniera “sproporzionata“. Il problema è: come arginare questa violenza? Un innovativo punto di partenza potrebbe essere costituito, oltre che dalla promozione della parità di genere nelle scuole, da strategie di prevenzione e di intervento rivolte a coloro che avvertono in sé gravi difficoltà relazionali e desiderano modificare i propri comportamenti per evitare esiti irreparabili. In Italia, come già da tempo altrove, stanno nascendo centri di ascolto per uomini maltrattanti, nulla osta – suggerisce una giovane operatrice della Casa delle Donne – a che un’iniziativa analoga possa venire estesa alle donne: mogli, madri, figlie, fidanzate, ex…
Piera Stretti
Presidente della Casa Delle Donne