Femminicidio in Italia 2012
Archivio
Presentiamo nelle pagine che seguono i dati che il gruppo di studio sui femicidi della Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, raccoglie annualmente a partire dall’indagine della stampa nazionale e locale.
“Il nostro lavoro ha preso vita a partire dal 2005, allorché ci siamo decise a mettere in piedi un piccolo osservatorio sui femicidi che si verificavano nel nostro paese, considerato che nessuna istituzione o ente specializzato si occupava di dare conto di questo fenomeno, né dal punto di vista quantitativo, né da quello qualitativo.
Oltre a raccogliere le informazioni sui femicidi, per capire chi erano per la maggior parte le donne che ne restavano vittime, chi i loro autori, dove si svolgevano più di frequente questi drammatici eventi, abbiamo avuto modo di sfatare molti luoghi comuni intorno a tali delitti ed alla violenza contro le donne in generale.
Abbiamo rilevato in primis come i femicidi abbiano dinamiche molto simili, anche se si verificano in contesti molto diversi, più di frequente nel Nord del nostro paese, in ambiti quindi in cui le donne lavorano di piu ed hanno un grado di autonomia ed emancipazione dal maschio maggiore.
Inoltre dalle nostre indagini è emerso come gli uomini che ne sono autori non sono pazzi o emarginati, ma persone assolutamente comuni, che appartengono a tutte le classi sociali e spesso anche in possesso di gradi di istruzione elevati e di condizioni economiche agiate.
Al tempo stesso questi uomini non sono culturalmente lontani da noi, come molte campagne anti-immigrazione hanno in passato frequentemente fatto credere, allorché qualche efferato delitto si è compiuto all’interno di una comunita migrante, perché la gran parte dei femicidi ha come autori uomini italiani, così come sono per lo più italiane le vittime.
Da allora fortunatamente, ed anche grazie al nostro paziente lavoro di ricostruzione degli scenari dei femicidi, l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica nei confronti delle donne uccise per mano di uomini per lo più a loro molto vicini, è radicalmente cambiata.
Ora se ne parla molto, e in modo anche diverso, come evidenzia la diffusione dell’utilizzo dei termini ¨femicidio” e ¨femminicidio”.
Tuttora non sempre se ne discute nel modo piu opportuno, dato che spesso ancora prevale, basti pensare ad alcune trasmissioni televisive come ¨Amore criminale”, la tendenza ad enfatizzare e spettacolarizzare questi delitti, senza mettere compiutamente al centro quella che ne è la caratteristica principale, ossia di essere delitti di genere, commessi contro le donne, in quanto donne, come rilevava Diana Russell allorché volle dare loro un nome, ¨femicide” appunto, che ne rilevasse tale natura.
Un esempio sicuramente di buona informazione è quello svolto dal giornalista Riccardo Iacona, che sia nel suo libro dedicato ai femicidi ¨Se questi sono gli uomini”, pubblicato nel 2012, che nella recente puntata di report in onda domenica 25 febbraio 2013 e interamente dedicata alla violenza contro le donne, ha fatto emergere come i femicidi siano troppo spesso delitti annunciati, perché in tanti casi sono preceduti da anni di maltrattamenti, frutto di silenzi e complicità da parte di coloro che sono vicini alle donne che subiscono violenza, ma anche e soprattutto da parte delle istituzioni, che non destinano fondi a supporto dei centri antiviolenza, né mettono in campo serie politiche di prevenzione e di promozione di una cultura del rispetto tra i generi, nella sottesa convinzione che la violenza non sia un problema pubblico, di violazione dei diritti umani delle cittadine che la subiscono, ma una questione da relegare all’ambito privato.
Un altro segno di questo cambiamento si puo constatare nel recente lavoro effettuato dall’Eures, istituto di ricerca che si occupa di analizzare l’andamento degli omicidi volontari in !talia, che pur se nel corso degli anni precedenti era solito dedicare un approfondimento agli omicidi di ambito familiare, nel dicembre del 2012 ha pubblicato per la prima volta uno studio sui femicidi in Italia realizzatisi nell’arco temporale di un decennio, adottando, anche questo per la prima volta, una prospettiva di genere.
Si tratta di un lavoro importante che finalmente ci consente di disporre di un termine di raffronto per le nostre indagini, scientifico e completo, dal momento che, pur utilizzando anche l’Eures come fonte dei dati la stampa, esso ha la possibilità di comparare e integrare le informazioni con i dati del Ministero dell’Interno.
Un limite che noi da sempre rileviamo rispetto alle nostre indagini infatti, è quello di essere inevitabilmente sottostimate, perché la stampa non sempre riporta tutte le tipologie di femicidio: per esempio, è piuttosto difficile rintracciare i delitti di donne legate al mondo della prostituzione, cui si deve aggiungere il numero invisibile e sommerso di donne che, pur vivendo in Italia, non possiedono il permesso di soggiorno e la cui eventuale scomparsa, dunque, non viene denunciata salvo che non ne venga rinvenuto il corpo.
venendo ai dati rilevati, nel corso dell’anno 2012 sono stati registrati 12+ casi di femicidio. !l numero assoluto risulta inferiore a quello dell’anno precedente; fino al 2011 infatti, le nostre ricerche evidenziavano un andamento in crescita dei femicidi.
Riteniamo tuttavia che tale leggera diminuzione, da 129 a 12+ casi, non debba essere considerata come il segnale di una diminuzione del fenomeno, soprattutto considerando che il numero di donne uccise nel 2012 è comunque superiore al numero relativo al quinquennio 2005 – 2009.
Rispetto agli anni precedenti, per il 2012 abbiamo raccolto anche i casi di tentato femicidio, ossia tutti quegli eventi in cui la donna non ha perso la vita ma è stata comunque gravemente ferita (si vedano le tabelle a, b e c).
Nel 2012 sono stati +7 i casi di tentato femicidi riportati dalla stampa: anche questo numero è sicuramente da considerarsi sottostimato, più di quanto non lo sia il numero dei femicidi. Infatti la stampa riporta in evidenza per lo più i casi eclatanti, in cui la morte della donna è stata evitata in extremis i dati sugli autori, le vittime, il contesto dei femicidi, nonché sulla relazione tra autori e vittime, si confermano in continuità con quelli degli anni precedenti.
!l 69¾ delle donne uccise sono italiane, il 73¾ degli autori dei femicidi sono italiani anch’essi. Il 60¾ dei femicidi avviene nel contesto di una relazione intima tra vittima e autore, in corso o conclusa. Nel 25¾ dei casi le donne uccise erano in procinto di porre fine alla relazione o l’avevano già fatto. Nel 63¾ dei casi il femicidio si realizza in casa, sia essa della vittima, dell’autore o di un familiare. Anche nel 2012 le donne non sono le sole vittime dei femicidi: altre 8 persone, in maggioranza figli della donna o della coppia, pagano con la vita questa estrema forma di violenza di genere.
Un dato interessante su cui pare opportuno soffermarsi, il solo a segnare una notevole discontinuità rispetto agli anni precedenti, è quello riguardante il numero di casi in cui la stampa riporta l’informazione sulla presenza di precedenti di violenza e maltrattamento contro la vittima effettuati dall’autore. Ebbene se fino al 2011 in quasi il 90¾ dei casi riportati dalla cronaca tale tipo di informazione non era reperibile, perché l’articolo non ne faceva cenno, oggi sappiamo invece che il +0¾ delle donne uccise nel 2012 aveva subito precedenti violenze da quel partner od ex che poi l’ha uccisa. E’ un dato che ci soddisfa da un lato, perché è segno di come, anche grazie al nostro lavoro, la sensibilità e la cultura dei media siano cambiati, di come la consapevolezza del legame profondo tra violenza di genere e femicidio, che abbiamo sempre denunciato, sia diventata patrimonio comune. Al tempo stesso questo dato ci dice anche un’altra cosa molto importante, ovvero come sia assolutamente necessario e urgente fermare la violenza prima che essa giunga all’irreparabile. Esso ci permette di affermare con sempre maggiore convinzione che è necessario e possibile prevenire questi delitti, offrendo una protezione maggiore e più adeguata alle donne che vivono situazioni di violenza, e per far questo è necessario destinare risorse ai centri antiviolenza, rafforzare le reti di contrasto alla violenza tra istituzioni e privato sociale qualificato, effettuare una corretta formazione di operatori sanitari, sociali e del diritto, perché sempre più donne possano sentirsi meno sole, possano superare la paura e divenire consapevoli che sconfiggere e sopravvivere alla violenza è possibile.“
[divider_padding]
]]>