15 Feb 2013

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Dati 2012

Nel corso del 2012, durante l’attività d’accoglienza in favore delle donne vittime di violenza, sono stati raccolti – in totale anonimato – i seguenti dati riguardanti: nazionalità, età, scolarità, condizione economica, tipo di maltrattamento. Dai dati possiamo confermare che le donne da noi accolte sono state un totale di 355 (in aumento rispetto agli anni precedenti), di cui la maggior parte, il 64%, di nazionalità italiana, mentre il 31% di nazionalità extra europea e solo il 5% di altre nazionalità appartenenti all’Unione Europea.
L’età media complessiva si aggirava sui 30/50 anni, sebbene siano in aumento le donne comprese nella fascia d’età 50/60 anni, oltre che dai 60 anni in su, mentre il livello di scolarità predominante è la media inferiore, seguito immediatamente dalla media superiore, ma sono presenti anche donne laureate o con corsi professionali.
La maggior parte delle donne che si sono rivolte a noi possedevano un proprio reddito di vario tipo (89 medio, 74 basso, 5 alto, 5 altro), mentre 104  non avevano alcun reddito e quindi alcuna indipendenza.
Il maltrattamento maggiormente riscontrato è stato quello psicologico (172), spesso abbinato al maltrattamento fisico (103) e quello economico (83), maltrattamenti perpetrati talvolta anche verso i figli (48). I casi di stalkig segnalati sono stati 33.

Generalmente il maltrattante/abusante risulta essere il marito/convivente (181), oppure l’ex marito/compagno (75), ma sono inclusi anche il padre/la madre (27) e il figlio/la figlia (15), solo in 4 casi il maltrattante è stato dichiarato un totale sconosciuto.
La nazionalità è stata per il 64% italiana, il 30% extra europea e il 6% appartenente all’Unione Europea, mentre la scolarità varia da media inferiore, a elementare e a corso professionale, sono presenti anche soggetti laureati.
La condizione economica del maltrattante spesso non viene dichiarata, perché non conosciuta, ma in 80 casi il reddito era medio, in 60 basso, in 36 alto e in 42 casi non era presente un reddito.
Da quanto ci risulta inoltre i soggetti maltrattanti solo in taluni casi hanno dei problemi fisici/psichiatrici potenzialmente scatenanti, quali tossicodipendenza (58), alcolismo (31) o disturbi psichiatrici certificati (24), infatti in 134 casi i soggetti non avevano alcun tipo di problema riconosciuto.

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07 Feb 2013

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I desideri degli uomini stanno cambiando?

Articolo di Lea Melandri, pubblicato dal Corriere della Sera “La ventisettesima ora.”
Link: http://27esimaora.corriere.it/articolo/i-desideri-degli-uomini-stanno-cambiando Con questa domanda si apre la lettera con cui l’Associazione Maschile Plurale invita donne e uomini a un incontro che si terrà a Roma il 16-17 marzo 2013. In discussione è il mutamento delle relazioni tra i sessi e come questo mutamento possa spingere gli uomini a “ripensare le categorie di governo, economia, politica”: una prospettiva ambiziosa, almeno quanto lo è stata negli anni Settanta quella dello slogan femminista “modificazione di sé e modificazione del mondo”. L’impegno di Maschile Plurale è noto soprattutto per aver preso posizione già da anni sulla violenza contro le donne, e per aver avviato una riflessione sui modelli maschili dominanti. Ora -scrivono i suoi componenti- è necessario “andare oltre l’assunzione di responsabilità, l’impegno solidale o di giustizia”, “oltre la denuncia della violenza e delle sue radici”, per costruire un percorso in grado di “dare voce al desiderio di cambiamento di noi uomini”. Il presupposto è che sempre più uomini siano disposti a vedere “i rischi e i privilegi” del ruolo maschile, a non lasciarsi tentare da reazioni rancorose, spirito di rivincita contro la libertà e l’autonomia delle donne, a scoprire in se stessi nuovi desideri. E i segnali di una svolta possibile in questo senso non mancano: “Come criticare la norma se il mondo ti racconta come norma? E’ possibile esprimere una critica dell’esistente, un desiderio di cambiamento non a partire da una condizione di discriminazione ma dal prezzo e dal privilegio che corrisponde al ruolo maschile? Oggi molti uomini cercano e sperimentano modi nuovi di essere padri, diverse relazioni tra uomini e con le donne, differenti modi di stare al mondo rispetto alle generazioni precedenti e rispetto alle aspettative sociali. Ma non è cresciuta una corrispondente capacità di esprimere questa novità e di farne un fatto collettivo, di farne un conflitto leggibile con l’esistente. Perché?” Tradizionalmente il rapporto uomo-donna è stato visto come “questione femminile”, affrontato, come si fa con le minoranze svantaggiate, in termini di “parità”, “uguaglianza”, “pari opportunità” o tutela delle differenze. E’ perciò una svolta significativa che, alla presa di coscienza con cui ha fatto il suo ingresso nella vita pubblica il movimento delle donne, si affianchi oggi una parola che parte “dall’esperienza di essere uomini”, dal desiderio di uno “sguardo autonomo” capace di prendere distanza da identità, ruoli di genere imposti da secoli di patriarcato. La storia si è rinnovata tante volte, ha conosciuto sorprendenti cambiamenti sociali, culturali e politici. Non è impensabile che anche modelli che hanno radici millenarie, tanto da farli sembrare “naturali”, possano modificarsi. All’associazione Maschile Plurale va riconosciuto il coraggio di aver indicato al disorientamento maschile, conseguente al venire meno dell’autorità dei padri, una via d’uscita che parla il linguaggio della liberazione e del desiderio di relazioni diverse, anziché quello del vittimismo, del rancore o del paternalismo solidale. Ma ancora più apprezzabile è che siano riconosciute e interrogate difficoltà, ostacoli e contraddizioni, che rendono il cambiamento particolarmente impegnativo e faticoso, per un sesso e per l’altro. “Vogliamo mettere in discussione poteri consolidati, costruire nuovi spazi di liberà per noi e per tutte e tutti (…) La partecipazione degli uomini al mondo della cura può essere una cartina di tornasole del cambiamento nelle relazioni politiche tra i sessi, in cui una trasformazione dei ruoli non corrisponde solo alla condivisione di una responsabilità, ma incontra un nuovo desiderio maschile. Siamo capaci di esprimere come uomini un desiderio di cambiamento? E quale è il cambiamento che desideriamo come uomini?” “E le donne sono interessate a un mutamento delle relazioni politiche con gli uomini che, senza rimuovere il conflitto e la differenza, apra una nuova storia?” Sono domande che ci interrogano singolarmente, ma che al medesimo tempo ci portano a riconoscere e mettere in discussione la cultura dentro cui ci siamo più o meno consapevolmente formati, a chiederci quanto stiano facendo la scuola e i media per rendere visibile il cambiamento che sta avvenendo nelle coscienze, nelle relazioni private e pubbliche. Non c’è dubbio che oggi c’è uno scarto sempre più evidente tra la rappresentazione che viene data del femminile e del maschile attraverso la televisione, la pubblicità, ma anche i libri di testo, gli oggetti di consumo, e le vite reali delle persone. Si moltiplicano, soprattutto nelle generazioni più giovani, gli studi, le inchieste su quelli che ormai vengono chiamati “stereotipi di genere”. Un esempio tra tanti è la ricerca promossa dall’associazione culturale bolognese “Hamelin” – 2012: comizi d’amore. Sulla traccia del film-inchiesta omonimo di Pier Paolo Pasolini del 1963, convinti che su alcuni di quei temi, come l’amore, la sessualità, l’omosessualità ci sia ancora molto da indagare, studenti, provenienti da scuole diverse, dopo aver dibattuto insieme sulle urgenze di oggi, sui non detti che vanno tirati fuori e discussi, hanno deciso, telecamere e microfoni alla mano, di parlarne nelle piazze, nei mercati, con persone di ogni età. Le conclusioni che ne hanno tratto fanno pensare che sia oggi la vita quotidiana, cioè quello che impropriamente è stato sempre considerato solo un “residuo” insignificante della grande storia, il terreno di una “rivoluzione” pacifica e silenziosa dei costumi. ]]>

01 Feb 2013

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Corso di AutoMutuoAiuto

Gruppo di supporto psicologico seguito e condotto ogni settimana dalle Formatrici dell’Associazione Casa Delle Donne.

Attività prevista dal Progetto “Volontariamente”, realizzato con il contributo della Regione Lombardia – Famiglia e Solidarietà Sociale.

29 Gen 2013

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Manifesto di D.i.Re: Cinque richieste politiche rispetto alla violenza contro le donne

MANIFESTO

dellAssociazione nazionale D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza

 Cinque richieste politiche rispetto alla violenza contro le donne, cinque punti che non devono mancare nel programma politico del futuro governo!
Lo chiede l’associazione  nazionale D.i.ReDonne in Rete contro la violenza, che presenta il proprio Manifesto contro la violenza sulle donne e chiede alle future e ai futuri parlamentari, alle donne e agli uomini del futuro governo, che siano assunti impegni precisi contro un fenomeno che in Italia ha numeri significativi ma scarse risorse per arginarlo.
Sono 125 le donne uccise nel 2012, e 14mila quelle che si rivolgono, ogni anno, agli oltre sessanta centri antiviolenza aderenti a D.i.Re. Dati che rappresentano solo una minima parte del fenomeno, in assenza di un osservatorio nazionale sulla violenza contro le donne e il femminicidio e servizi adeguati e sufficienti che possano anche documentare i casi cui offrono aiuto.
Degli oltre sessanta centri aderenti a D.i.Re, solo un terzo ha finanziamenti adeguati per continuare la propria attività grazie a convenzioni con le istituzioni locali. Solo con enorme impegno volontario e responsabilità  politica gli altri Centri resistono per contrastare questo fenomeno gravissimo per tutte le donne e la società intera.
D.i.Re rilancia l’allarme sui tanti Centri Antiviolenza/Case Rifugio che rischiano di chiudere a causa dei tagli alle politiche sociali e al welfare che colpisce maggiormente donne aumentando le disuguaglianze di genere. Disuguaglianza che incrementa la violenza contro le donne in Italia.
Cosa chiediamo al futuro governo
Da anni D.i.Re chiede politiche e interventi seri e duraturi su tutto il territorio nazionale e ora, questi cinque punti, ne sottolinea le questioni più urgenti:

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  • immediata ratifica della Convenzione del Consiglio dEuropa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Istanbul 2011) con l’adozione delle misure prescritte con interventi concreti e duraturi anche nel programma finanziario di Governo.
  • rinnovo del Piano nazionale contro la violenza alle donne del novembre 2010, con garanzia di stanziamenti economici adeguati e costanti ai Centri antiviolenza/Case rifugio su tutto il territorio nazionale anche da parte degli enti locali e riconoscimento del livello essenziale di assistenza sociale (LIVEAS) per la violenza contro le donne.
  • coinvolgimento di D.i.Re come referente nazionale e locale nelle azioni di prevenzione, di formazione e di contrasto sul tema della violenza maschile contro le donne
  • rilevazione dei dati sistematica, integrata e omogenea sulla violenza contro le donne su tutto il territorio nazionale e in sinergia tra i diversi attori pubblici e i privati specializzati.
  • promozione di campagne di sensibilizzazione nazionali e locali per contrastare la violenza maschile contro le donne, rivolte a tutta la popolazione e in particolare agli uomini, vigilando su ogni forma di comunicazione offensiva della dignità delle donne.

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28 gennaio 2013

 
D.i.Re Donne in Rete contro la violenza

Casa Internazionale delle Donne  – Via della Lungara, 19 – 00165  Roma,  Italia
Cell 3927200580 – Tel 06 68892502 – Fax 06 3244992 – Email direcontrolaviolenza@women.it
www.direcontrolaviolenza.it

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Lettera di Solidarietà per l’Associazione "Il Cerchio delle Donne"

Gentile Direttore,

la Casa delle Donne di Brescia chiede ospitalità al suo giornale per esprimere piena solidarietà all’Associazione ”Il Cerchio delle Donne“ di Rovato, con cui ha collaborato in varie occasioni e di cui ben conosce l’impegno straordinario e prezioso sul territorio a favore delle donne più disagiate e dei loro bambini. 
“Il Cerchio delle Donne“ il 31 gennaio dovrà lasciare amaramente la propria sede, perché (come purtroppo spesso succede) l’attuale amministrazione comunale rovatese ne ha revocato la concessione in uso accordata dalla precedente amministrazione, e ciò senza neppure valutare la possibilità di una  soluzione alternativa.
Come sicuramente noto a chi si occupa di cosa pubblica, il 26 giugno scorso il Consiglio regionale della Lombardia ha votato all’unanimità una legge finalizzata “a promuovere e sostenere iniziative e interventi che prevengano la violenza contro le donne, diffondano la cultura della legalità ed educhino al rispetto dei diritti della persona, anche attraverso la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e il coinvolgimento di enti e organismi istituzionali e di altri soggetti“; la medesima legge prevede inoltre che “la Regione e gli enti locali possano individuare, nell’ambito del proprio patrimonio, immobili da concedere in comodato d’uso per le finalità della legge stessa”.
Nel momento in cui nel nostro paese sta faticosamente emergendo una cultura più attenta alle problematiche femminili, si auspica che anche il Comune di Rovato dia prova di sensibilità, lungimiranza e saggezza istituzionali: se vorrà concedere spazio a una buona pratica di volontariato, risponderà al bisogno di socialità e integrazione di una componente delle popolazione rovatese e questo andrà a vantaggio del territorio intero.
Ringrazio.

Piera Stretti
Presidente dell’Associazione Casa delle Donne di Brescia
Lettera inoltrata alla Stampa Locale.]]>

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Dati sulla violenza domestica a livello internazionale

Questa scheda informativa si limita ad esporre una serie di cifre sulla violenza domestica tratte da studi condotti in Europa.

Le statistiche e gli studi svolti all’estero forniscono preziose indicazioni sulla diffusione e sulle caratteristiche della violenza domestica.

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06 Dic 2012

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Primum vivere anche nella crisi: la rivoluzione necessaria

La sfida femminista nel cuore della politica. Incontro nazionale: Paestum avvenuto il 5, 6, 7 ottobre 2012. Scopo dell’iniziativa: C’è una strada per guardare alla crisi della politica, dell’economia, del lavoro, della democrazia – tutte fondate sull’ordine maschile – con la forza e la consapevolezza del femminismo? Noi ne siamo convinte.
Davanti alla sfida della libertà femminile, la politica ufficiale e quella dei movimenti rispondono cercando di fare posto alle donne, un po’ di posto alle loro condizioni che sono sempre meno libere e meno significative. No. Tante cose sono cambiate ma le istanze radicali del femminismo sono vive e vegete. E sono da rimettere in gioco, soprattutto oggi, di fronte agli effetti di una crisi che sembra non avere una via d’uscita e a una politica sempre più subalterna all’economia.
All’incontro di Paestum aperto al confronto con gruppi, associazioni, anche istituzionali, e singole donne, vorremmo verificare, discutendo e vivendo insieme per tre giorni, se la politica femminile che fa leva sull’esperienza, la parola e le idee, può in un momento di crisi, smarrimento e confusione, restituire alla politica corrente un orientamento sensato.

1. Voglia di esserci e contare

La femminilizzazione dello spazio pubblico – comunque la si interpreti: opportunità, conquista delle donne o rischio di diventare solo “valore aggiunto”, “risorsa salvifica” di un sistema in crisi – ha reso per alcune (molte?) non più rinviabile il desiderio di “contare”, visto come presenza nei luoghi dove si decide, equa rappresentanza nelle istituzioni politiche, amministrative, partiti, sindacati, e nelle imprese.
Noi consideriamo il protagonismo in prima persona di ciascuna donna una molla dinamica importante. Quello che ci interessa è discutere con chi si impegna nei partiti, nelle istituzioni e nel governo delle aziende: che esperienza ne hanno, che cosa vogliono, che cosa riescono a fare e a cambiare. E valutiamo che oggi questo confronto possa avere esiti interessanti per tutte.
Il femminismo d’altra parte, criticato per non avere investito della sua spinta trasformativa le istituzioni della vita pubblica, può avvalersi oggi di una lunga elaborazione di autonomia per ripensare il senso di concetti come “genere”, “democrazia partecipata”, “soggetto politico”, “organizzazione”. Viene dalla pratica dell’autocoscienza, del “partire da sé”, la critica più radicale all’idea di un soggetto politico omogeneo (classe, genere, ecc.), di rappresentanza e di delega. Pensiamo che un collettivo si costruisca solo attraverso la relazione tra singole/i. E oggi vogliamo interrogare la connessione tra questa pratica politica e la modificazione visibile del lavoro, dell’economia, e più in generale del patto sociale.
In questo contesto, anche la scelta di Paestum come luogo dell’incontro non è casuale, ma vuole essere un richiamo alla necessità di articolare soggettività e racconti nei contesti in cui si vive e agisce. Vogliamo così far crescere una rete di rapporti tra donne e gruppi di donne già ricca e intensa. In particolare, sappiamo che alcune caratteristiche del Sud – sia i beni sia i mali – hanno un’invadenza sulla vita e sul pensiero di chi lì abita che non può essere ignorata, né da chi vive in altri luoghi, né soprattutto dalle meridionali stesse.

2. Economia lavoro cura

Molto è il pensiero delle donne sui temi del lavoro e dell’economia a partire dalla loro esperienza. Che ha questo di peculiare: hanno portato allo scoperto e messo in discussione la divisione sessuale del lavoro (quello per il mercato – pagato – e quello informale ed essenziale di cura e relazione – gratuito); in più, sanno che la cura non è riducibile solo al lavoro domestico e di accudimento, ma esprime una responsabilità nelle relazioni umane che riguarda tutti.
A partire da questo punto di vista, e sollecitate anche da una crisi che svela sempre di più l’insensatezza oltre che l’ingiustizia dei discorsi e delle politiche correnti, possiamo delineare una prospettiva inedita: quella di liberare tutto il lavoro di tutte e tutti, ridefinendone priorità, tempi, modi, oggetti, valore/reddito e rimettendo al centro le persone, nella loro vitale, necessaria variabile interdipendenza lungo tutto l’arco dell’esistenza, e avendo a cuore, con il pianeta, le persone che verranno.
Vorremmo articolare questo discorso valutando insieme le recenti esperienze di pratiche politiche e analizzando le contraddizioni che incontriamo (in primo luogo le conseguenze del rapido degrado del mercato del lavoro) in modo da rendere più efficace il nostro agire.

3. Auto–rappresentazione/rappresentanza

Nella strettoia della crisi i cittadini non hanno più libertà politica; la politica è ridotta a niente; decidono tutto l’economia e la finanza. In una situazione dove tutto sembra prescritto a livello economico finanziario, la pratica e il pensiero delle donne hanno una carta in più per trovare nuove strade.
La nostra democrazia è minacciata da pulsioni, spinte estremistiche; le sue istituzioni elettive depotenziate o addirittura esautorate. La rappresentanza è messa in crisi e oggi ne vediamo i limiti.
Perché una persona possa orientarsi, deve avere un’immagine di sé, di quello che desidera e di quello che le capita. Il femminismo che conosciamo ha sempre lavorato perché ciascuna, nello scambio con le altre, si potesse fare un’idea di sé: una autorappresentazione che è la condizione minima per la libertà. Invece la democrazia corrente ha finora sovrapposto la rappresentanza a gruppi sociali visti come un tutto omogeneo.
La strada che abbiamo aperta nella ricerca di libertà femminile, con le sue pratiche, può diventare generale: nelle scuole, nelle periferie, nel lavoro, nei luoghi dove si decide, ecc.
Che la gente si ritrovi e parli di sé nello scambio con altre/i fino a trovare la propria singolarità, è la condizione necessaria per ripensare oggi la democrazia.
Vorremmo declinare questi pensieri nei nostri contesti, confrontandoci sia sulle pratiche soggetto/collettivo, sia sui modi per dare valore al desiderio di protagonismo delle donne. E quindi ci chiediamo: come evitare che in alcune la consapevolezza basti a sé stessa e si arrenda di fronte all’esigenza di imporre segni di cambiamento e alla fatica del conflitto? E in altre la spinta a contare le allontani dalle pratiche di relazione?

4. Corpo sessualità violenza potere

“è già politica” (sottinteso: l’esperienza personale): il femminismo ha incominciato lì il suo percorso. Ha scoperto la politicità del corpo e della sessualità, della maternità, del potere patriarcale in casa, del lavoro domestico. Ha affermato che la violenza maschile contro le donne in tutte le sue forme, invisibili e manifeste, è un fatto politico. Radicale è stato prendere il controllo sul proprio corpo e insieme ribellarsi a un femminile identificato con il corpo: ruolo materno, obbligo procreativo e sessualità al servizio dell’uomo.
Oggi la sfida è più complessa: si esibisce lo scambio sesso/denaro/carriera/potere/successo occultando il nesso sessualità/politica; si esalta il sesso mentre muore il desiderio; si idolatra il corpo ma lo si sottrae alle persone consegnandolo nelle mani degli specialisti e dei business; si erotizza tutto, dal lavoro ai consumi, ma si cancella la necessità e il piacere dei corpi in relazione.
Sintomi estremi di questa fase sono il rancore maschile verso l’autonomia e la forza femminile e il riacutizzarsi della violenza, dell’uso della brutalità.
Ma qualcosa si muove. Non solo i gruppi (Maschile/Plurale) e i singoli uomini che ormai da anni si impegnano nella ricerca di una nuova identità maschile, spesso in relazione con le femministe. Ma anche le moltissime blogger femministe (e blogger “disertori del patriarcato”) che ragionano su desiderio e sessualità e si impegnano contro la cultura sessista e autoritaria.
Soprattutto le relazioni tra donne e uomini sono cambiate. Ma non abbastanza. Sulla scena pubblica questo cambiamento non appare perché il rapporto uomo-donna non viene assunto come questione politica di primo piano. Eppure, solo in questo modo, possono sorgere pratiche politiche radicalmente diverse, produzioni simboliche e proposte per una nuova organizzazione del vivere.
Di tutto questo si è parlato a Paestum. Le promotrici:
Pinuccia Barbieri, Maria Bellelli, Maria Luisa Boccia, Ornella Bolzani, Paola Bottoni, Maria Grazia Campari, Luisa Cavaliere, Patrizia Celotto, Lia Cigarini, Laura Cima, Silvia Curcio, Mariarosa Cutrufelli, Elettra Deiana, Donatella Franchi, Sabina Izzo, Raffaella Lamberti, Giordana Masotto, Lea Melandri, Jacinthe Michaud, Clelia Mori, Letizia Paolozzi, Gabriella Paolucci, Antonella Picchio, Biancamaria Pomeranzi, Carla Quaglino, Floriana Raggi, Bia Sarasini, Rosalba Sorrentino, Mariolina Tentoni


Le impressioni pubblicate da alcune partecipanti:

Monica Pasquino su GliAltri
“Paestum, la crisi e la rivoluzione necessaria Una sfida femminista al cuore della politica” 
http://www.glialtrionline.it/2012/10/08/paestum-la-crisi-e-la-rivoluzione-necessaria-una-sfida-femminista-al-cuore-della-politica/ Marina Terragni sui IoDonna
“800 femministe a Paestum: ultime notizie”
http://blog.iodonna.it/marina-terragni/2012/10/06/800-femministe-a-paestum-ultime-notizie/ Giovanna Pezzuoli e Luisa Pronzato su La27Ora
“La rivoluzione si fa per alzata di mano”
http://27esimaora.corriere.it/articolo/la-rivoluzione-si-fa-per-alzata-di-mano/ Ida Dominijanni su Il Manifesto
“La politica è qui”

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25 Nov 2012

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Giornata Internazionale Contro la Violenza alle Donne, perché il 25 Novembre?

Il 25 Novembre rappresenta dal 17 Dicembre 1999 la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
La scelta del 25  novembre  viene fatta  a Bogotà nel 1980, dove si tiene il primo Incontro femminista internazionale. Le partecipanti accettano la proposta della delegazione Dominicana di rendere omaggio alle sorelle Mirabal brutalmente assassinate il 25 novembre del 1960 per ordine del dittatore Trujillo. Le sorelle Mirabal nacquero a Ojo, nella Repubblica Dominicana, da una famiglia benestante, erano quattro: Patria, Maria Teresa, Minerva e Belgica Adele, vivente. Vissero la loro gioventù negli anni della dittatura trujillista, una delle più severe dell’America Latina. Questo tirannico e brutale ambiente politico e sociale, risvegliò molto presto le loro coscienze sulla necessità di libertà e rispetto dei diritti delle donne domenicane.

Quando Trujillo salì al potere, la loro famiglia (come molte altre nel paese) perse quasi totalmente i propri beni, prima nazionalizzati, poi incamerati direttamente dal dittatore nei suoi beni privati. In questo modo, le sorelle Mirabal -Patria, Maria Teresa e Minerva- incarnano negli anni 50, la passione per la libertà e il valore, impegnandosi con decisione nei confronti della lotta contro il governo trujillista.
La ribellione e l’impegno di queste tre giovani donne di fronte alle atrocità del regime, prende via con la costituzione nel 1960 del Movimento 14  Giugno, sotto la direzione di Manolo Travares Justo (marito di Minerva), dove usarono come nome in codice  Las Mariposas (Le Farfalle).
Questo gruppo politico clandestino, si espanse in tutto il paese, venne strutturato attraverso nuclei i quali combatterono la dittatura. Nel gennaio del 1960, il movimento venne scoperto dalla polizia segreta di Trujillo e i membri del movimento vennero perseguitati e incarcerati, tra cui le sorelle Mirabal e i loro mariti. Le sorelle vennero liberate alcuni mesi dopo grazie alla pressione internazionale, ma i loro coniugi restarono reclusi. Il 25 novembre 1960, le sorelle Mirabal, andarono a fare visita ai mariti, trasferiti nel carcere della città di Puerto Plata.  Le tre donne caddero in un’imboscata degli agenti del servizio segreto militare. Portate in una piantagione di canna di zucchero vennero massacrate, bastonate e strangolate, i loro corpi vennero poi rimessi nel veicolo sul quale stavano viaggiando che venne fatto precipitare per un dirupo per simulare un incidente .
L’assassinio delle sorelle Mirabal provocò grandissima commozione in tutto il paese; la terribile notizia si diffuse come polvere, nonostante la censura, risvegliando l’indignazione popolare.  La dittatura di Trujillo finì l’anno dopo con l’assassinio del dittatore.
La sorella sopravvissuta, Belgica Adele detta Dedé, ha dedicato la sua vita alla cura dei sei nipoti orfani. Per sopportare il dolore, il senso di colpa per essere sopravvissuta alle amatissime sorelle, diventa custode della loro memoria; nel marzo del 1999 pubblica un libro Vivas in su jardin: Sopravvissi per raccontare la loro vita.

25 Nov 2012

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25 Novembre, Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne

Raccogliamo qui di seguito alcuni articoli dedicati a questa giornata e alla nostra Associazione:

Corriere della Sera, articolo di Nadia Busato
Abusi sulle donne, rete e comunità
Trecentoquindici ad oggi. L’anno scorso, il dato era di duecentosessantuno. Sono i numeri delle donne che si sono rivolte alla Casa delle Donne onlus e alla sede di via San Faustino
http://brescia.corriere.it/brescia/notizie/cronaca/12_novembre_24/abusi-donne-rete-comunita-nadiolinda-2112858836336.shtml Corriere della Sera, Voci di Brescia, articolo di Nadia Busato
Viola non violenta
[…]”L’Agenda Viola è un bel regalo per tutte le donne, in questo 25 novembre. Bisogna averla, tenerla sul comodino e augurarci, anno dopo anno, di non averne compilato nemmeno una riga.
Che sia per noi, per le nostre madri, per le nostre figlie, per le amiche, le colleghe, le vicine di casa, le donne che incontriamo ogni giorno, quelle che conosciamo per nome e quelle invisibili, che ci passano accanto o ci osservano dalla finestra della loro casa, da cui non possono uscire.”
http://vocidibrescia.corriere.it/2012/11/25/viola-non-violenta/ Giornale di Brescia
Una Giornata contro la violenza sulle donne
“Nel 2011, 261 donne si sono rivolte alla Casa delle donne di Brescia per chiedere aiuto; nel 2012, 315. E l’anno non è ancora finito. Alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza alle donne, che ricorre il 25 novembre in ricordo dell’aggressione omicida di cui nel 1960 furono vittime tre sorelle dominicane, i dati che vengono dall’associazione di via San Faustino sono tutt’altro che confortanti.”
http://www.giornaledibrescia.it/in-citta/una-giornata-contro-la-violenza-sulle-donne-1.1441109 Brescia Oggi, articolo di Natalia Danesi
E nel 2012 richieste di aiuto in aumento
Alla «CASA DELLE DONNE». Quest’anno già 310 donne accolte dal Centro antiviolenza, contro le 261 di tutto il 2011. Domenica la presentazione del nuovo vademecum «Nascosta in casa» e il filmato «Sin by silence»