01 Ago 2013

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Non basta dire mai più: aiutiamo i centri antiviolenza

Lettera scritta da D.i.Re a firma di Titti Carrano e pubblicata sull’Unità:

Lettera Titti Carraro su Unità, articolo in pdf.

25 Lug 2013

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Ancora su Ono San Pietro

Ora che la sia pur tenue speranza che non fosse stato lui a sopprimere i suoi “piccoli eroi” sta per svanire, ora che non possiamo più difenderci dall’angoscia con l’incredulità, ora che i riflettori sul caso di cronaca saranno presto pietosamente spenti, ritorniamo a chiederci come possa accadere (ma è già accaduto e accadrà ancora) che un padre concepisca un insensato e lucido progetto di morte per infliggere – attraverso l’uccisione dei suoi propri figli – il più terribile dei mali alla loro madre.

Nonostante le testimonianze ci abbiano consegnato in buona fede l’immagine di un padre che sapeva essere amoroso, non possiamo immaginarlo tale, poiché un padre  che ama i suoi figli  ne rispetta la madre, non se ne fa persecutore; e se il suo tremendo atto finale è l’esito di un accumulo di rabbia, frustrazione, disperazione ma anche di delirante pianificazione, la domanda è: si poteva evitare?
Forse sì, tuttavia – fino  a quando il fragile senso di sé dei padri si aggrapperà alla convinzione di avere  titolo di proprietà sui figli,  finché  perdureranno i miti fondanti per cui  all’origine di tutti i mali degli uomini ci sono le donne,  finché queste ultime saranno di volta in volta santificate o denigrate e mai considerate titolari dei diritti di libertà e capacità decisionale – ci saranno  padri che uccidono i propri figli,  mariti o ex mariti  che uccidono la moglie o l’ex compagna,  uomini che uccidono le  donne…
Le carceri potranno riempirsi di stalker, ma le case continueranno ad essere prigioni e non ci saranno ordini di protezione o pene detentive capaci di salvaguardare le relazioni familiari ed affettive  dalla violenza  che troppo spesso vi si annida. Quasi sempre – e a maggior ragione quando gli esiti di questa violenza sono letali –  si tratta di violenza maschile, frutto e manifestazione dei rapporti di potere storicamente sbilanciati a favore degli uomini.
Che fare allora?  Si invocano  pene detentive severe ed  immediate per i responsabili  di maltrattamenti, abusi e stalking e certo i tempi lunghi della nostra macchina giudiziaria e la carenza di strutture non  tutelano in modo adeguato le vittime, tuttavia il cambiamento non può basarsi unicamente sulla repressione, deve invece fare della prevenzione il suo punto di forza.
Il Consiglio d’Europa sollecita i governi a ideare  programmi che – senza essere alternativi ad eventuali sentenze di condanna – siano volti ad incoraggiare negli autori della violenza l’adozione di un comportamento non violento, aiutandoli a diventare consapevoli delle proprie azioni ed ad assumersene la responsabilità in modo da  prevenire una futura violenza. A questo proposito, in Italia come altrove, ai centri  che si impegnano per la tutela e la protezione delle donne si stanno affiancando centri di ascolto e sostegno per uomini violenti.
Questo non basta però!
La prevenzione della violenza fra i sessi e nelle relazioni affettive ci impone di individuare per i nostri bambini e le nostre bambine percorsi educativi  inediti,  da avviare precocemente: solo così, in  un futuro  che vorremmo non troppo lontano, un genitore amato non potrà trasformarsi nel carnefice dei propri figli, e gli uomini e le donne – anche se smetteranno di amarsi- non smetteranno per questo di rispettarsi.
Forse solo così le bare bianche dei due fratellini – portatrici di un dolore che l’inerme epiteto: “bastardo “ urlato dalla loro mamma contro l’ex marito e verso il nulla non può certo esprimere –  non avranno  raccontato unicamente l’epilogo di una tragedia annunciata e forse evitabile, ma a prezzo di uno strazio grande ci avranno orientato verso un cambiamento epocale.
Piera Stretti
Casa Delle Donne CaD-Brescia
23 Lug 2013

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Cena Solidale

Cena Solidale per l’Associazione Casa Delle Donne, organizzata Al VIVICITTA’ CIRCOLO UISP Via B. Maggi, 9 (angolo via diaz), Brescia, alle ore 19:30.

30 Giu 2013

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Margherita Hack

Addio a Margherita Hack, una di noi.

Biografia:

Margherita nacque a Firenze proprio alla vigilia del ventennio fascista, in una casa poco lontana da Campo di Marte, allora un enorme prato utilizzato anche come aeroporto per piccoli aerei con ali di tela pilotati dal mitico Magrini. Figlia unica, era una bambina solitaria, con pochi amici. Suo padre fu il suo primo, e spesso unico, compagno di giochi. Era stato infatti licenziato quando Margherita aveva quattro o cinque anni perché non iscritto al partito fascista, e da allora non ebbe mai più un lavoro fisso. Era la madre a mantenere la famiglia: diplomatasi all’Accademia di Belle Arti, dipingeva miniature dei quadri degli Uffizi che vendeva ai turisti. Dopo la scuola elementare, che compì quasi del tutto da privatista, Margherita si iscrisse al ginnasio Galileo Galilei, il più antico di Firenze. A scuola andava bene e trascorreva tutto il tempo libero all’aperto, per esempio al giardino pubblico del Bobolino. Fu qui che un giorno del 1933 incontrò Aldo De Rosa, allora tredicenne, che diventerà il suo compagno di vita. Si sposeranno nel 1944.
Lo sport entrò nella vita di Margherita un po’ per caso, quando le chiesero di partecipare ai Giochi della Gioventù.Sebbene questa prima prestazione, improvvisata, fosse un vero disastro, iniziò ad allenarsi e ottenne ottimi risultati nel salto in lungo e nel salto in alto. Anche la bicicletta l’appassionava. Gliel’avevano regalata i suoi genitori per l’ammissione alla prima liceo e da allora divenne il suo mezzo di trasporto preferito. Antifascista convinta durante il liceo, vide i suoi compagni e professori ebrei cacciati da scuola da un giorno all’altro, in conseguenza delle infami leggi razziali, e quando l’Italia entrò in guerra il 10 giugno 1940 strappò la bandierina italiana che aveva attaccato alla bicicletta.
Oggi è conosciuta come una delle maggiori scienziate italiane, ma alla scienza ci arrivò abbastanza per caso.
Già la scelta della facoltà universitaria non fu dettata da una passione per la scienza. Su suggerimento dei suoi genitori si iscrisse prima a Lettere perché era brava nei temi e le piaceva scrivere le cronache delle partite di calcio della Fiorentina dopo averle lette sulla «Nazione». Che la facoltà di Lettere non fosse la scelta giusta ci mise poco a capirlo: alla prima lezione si annoiò talmente che decise di passare a Fisica dove c’era una sua amica di liceo. Man mano che proseguiva nei corsi, però, Margherita si dimostrava migliore della maggior parte dei suoi compagni e lo studio la divertiva: aveva fatto la scelta giusta. Il primo incontro con l’astronomia e l’astrofisica furono le lezioni del prof. Giorgio Abetti, esperto di Sole, e del suo assistente Mario Fracastoro. In ogni caso non fu un colpo di fulmine e inizialmente Margherita non pensava che alle stelle e all’universo avrebbe dedicato più di cinquant’anni di vita. Fu di nuovo un po’ per caso che cominciò a occuparsene più seriamente quando si trattò di scegliere un argomento per la tesi. Non volendo una tesi compilativa, che l’avrebbe obbligata a un lavoro per biblioteche, l’unica possibilità era proprio l’astronomia sotto la direzione di Fracastoro, allora un giovane assistente entusiasta e pieno di energia. Così, senza nemmeno che se ne rendesse conto, le si aprirono le porte della sua professione futura. Il periodo di tesi coincise con gli ultimi mesi della seconda guerra mondiale. La sera del 7 agosto 1944 i tedeschi si ritirarono da Firenze. Distrussero tutti i ponti sull’Arno a eccezione del Ponte Vecchio. La mattina dopo centinaia di persone scesero in strada ad acclamare gli Alleati che entrarono nella parte sud della città. Lunghe colonne di camion sfilarono nelle strade distrutte. Ci vollero altre due settimane perché riuscissero a passare sull’Arno e a liberare anche il centro e la periferia nord. Il lavoro di tesi rimase indietro, un po’ perché il telescopio necessario per le osservazioni non era in funzione e un po’ perché le necessità quotidiane (procurarsi l’acqua, la legna per il fuoco ecc.) portavano via tempo ed energie. Nel gennaio 1945 l’Università riaprì e Margherita poté finalmente laurearsi.
Nel frattempo Margherita e Aldo si erano anche sposati. Dopo il periodo dei giochi si erano persi di vista per una decina d’anni. Quando si ritrovarono però nacque un sodalizio di affetto e di interessi intellettuali e culturali che li portò in modo naturale al matrimonio, che avvenne il 19 febbraio 1944 nella bellissima chiesetta bizantina di via San Leonardo. Il matrimonio religioso fu una scelta di Aldo alla quale Margherita, convinta atea, dovette adeguarsi. Una cerimonia breve, senza messa, né comunione, né vestito bianco, niente viaggio di nozze e un pranzo da soli con cibo razionato, essendo in tempo di guerra. Andarono a vivere nella casa dei genitori di Margherita, in via Ximenes, grande abbastanza e con il giardino e il pozzo con l’acqua. Di case Margherita e Aldo ne hanno cambiate molte in Italia e all’estero, ma un tratto le accomuna: sono sempre state semplici, senza fronzoli inutili, spaziose quanto basta per far posto ai libri e agli animali, cani e gatti a cui hanno sempre dato ospitalità.
Ma anche la laurea non determinò per lei una sua collocazione definitiva nella comunità scientifica internazionale. Il suo primo lavoro, infatti, non aveva niente a che fare con la ricerca in astronomia. Cominciò con un breve periodo di insegnamento all’Istituto di Ottica, e poi si trasferì a Milano per lavorare alla Ducati: il suo compito era scrivere le istruzioni per una nuovissima macchina fotografica, la Sogno, allora molto all’avanguardia.
Intanto studiava per il concorso per diventare astronomo, che però andò male perché Margherita non seppe rispondere alla domanda “Perché la Luna ci rivolge sempre la stessa faccia?”. Non ci aveva mai pensato e così fallì la prova. Ritornata a Firenze, riprese le lezioni all’Istituto di Ottica e all’Osservatorio Astronomico di Arcetri. Era “precaria” come si direbbe oggi e guadagnava ventimila lire al mese.
Divenne finalmente assistente di Fracastoro che a sua volta era diventato professore. Cominciò la sua prima ricerca autonoma sulla stella Zeta Tauri, molto calda e con un comportamento strano che meritava un approfondimento. In breve ottenne dei risultati interessanti e si convinse così di essere una vera scienziata.
La libertà con cui Margherita ha potuto seguire la sua carriera scientifica è dovuta anche allo straordinario rapporto con il suo compagno, Aldo. Lui, letterato con una cultura ampia e multiforme, ha sempre coltivato i propri interessi privatamente, senza una professione che lo legasse a un lavoro fisso. Ha così potuto seguire Margherita nelle sue pellegrinazioni in giro per il mondo. Nei primi tempi hanno vissuto a Parigi, dove Margherita aveva una collaborazione con l’Institut d’Astrophysique che negli anni Cinquanta era uno dei migliori del mondo. Poi andarono a Merate, succursale dello storico Osservatorio Astronomico di Brera, in Olanda a Utrecht, e infine a Berkeley in California. Nel 1959 ritornarono stabilmente in Italia, prima a Merano e poi Trieste dove Margherita divenne direttore dell’Osservatorio nel 1963. In quel periodo cominciò anche a occuparsi di organizzazione della ricerca ed entrò in vari organismi e comitati nazionali che servirono a dare una sistemazione moderna alla scienza nazionale.
L’Osservatorio di Trieste all’inizio degli anni Sessanta era il peggiore d’Italia. Sotto la direzione di Margherita cominciò ad attrarre giovani da tutto il mondo e in pochi anni si trasformò in una moderna struttura di ricerca guadagnando rispetto a livello internazionale. Nel 1967 cominciò anche la costruzione della nuova sede con strumentazione adeguata sul Carso triestino, dove il cielo è limpido e le luci della città non arrivano a disturbare le osservazioni. Il suo compito fu facilitato dal fatto che a Trieste, su impulso del fisico Paolo Budinich, si stavano realizzando una serie d i istituzioni scientifiche internazionali che avrebbero portato un flusso di persone e di idee da tutto il mondo e avrebbero trasformato Trieste in una vera e propria “città della scienza”.
Nei suoi anni di direttore, Margherita ha lottato per non farsi divorare dalla burocrazia, per ritagliarsi il tempo per continuare a fare ricerca. Nel periodo immediatamente successivo al movimento studentesco del ’68, sperò che una ventata di democrazia vera potesse entrare nel mondo accademico e rinnovarlo. Nel 1984, quando lasciò la direzione, all’Osservatorio di Trieste lavoravano più di ottanta persone e si conducevano ricerche tra le più avanzate, attraverso una rete di collaborazioni che coinvolgevano scienziati da tutto il mondo. Sono stati vent’anni di scoperte fondamentali per l’astrofisica e Margherita è soddisfatta di avere dato il suo contributo a tutto ciò. Man mano che il suo ruolo come scienziata attiva diminuiva, sono cresciuti i suoi impegni politici, civili, nella divulgazione. Dal 1997, quando è andata in pensione a 75 anni, non ha più un minuto libero! È ancora una persona attiva e impegnata: “Novant’anni, — dice — sembra ieri e sembra mille anni fa!”. Ci ha lasciato il 29 giugno del 2013.[divider_padding]fonte: http://www.enciclopediadelledonne.it/index.php?azione=pagina&id=330

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Case o Prigioni?

Libretto informativo: Case o Prigioni? storie e numeri di omicidi in famiglia in Lombardia orientale 2005-2012.

L’O.N.V.D. (Osservatorio Nazionale Violenza Domestica) non è solo una sigla che studia, analizza e scrive, ma è una struttura dai mille occhi, dalle tante sensibilità, dalle diverse competenze. In ciò esso è certamente sollecitato, anche, dall’interesse che via via è cresciuto verso il fenomeno della violenza in ambito familiare, dalla drammaticità delle sue dimensioni e al tempo stesso dalla carenza di informazioni complessive e compiute.

Eppure, singoli studiosi, equipe di esperti, strutture scientifiche (e l’ONVD fra questi) hanno prodotto in particolare negli ultimi decenni una vera e propria letteratura, analisi e azioni che hanno certamente fornito canoni di lettura, metodiche euristiche anche innovative, un aumento insomma di conoscenza del fenomeno che tuttavia permane, resta ancora indefinito, indeterminato, persino oscuro in molte sue parti. Viviamo una realtà culturale e sociale in mutamento sempre più rapido dentro la quale si situa il fenomeno connotato da forti ambivalenze che spingono più verso l’immersione e l’occultamento che non verso l’emersione e il disvelamento.

E ciò vale per i soggetti interessati e coinvolti tanto quanto per la società entro la quale si collocano, agiscono e vengono immaginati. La società costruisce se stessa confondendo ciò che è e ciò che le pare naturale che sia o, infine, ciò che le interessa. Lo studioso deve liberarsi di questo schermo, liberare i fenomeni sociali dalle immaginazioni collettive.

Questo non va attribuito esclusivamente all’oggi.
Anche quello della violenza in famiglia -di certo pur sotto altre forme e con altre connotazioni- esiste con l’esistere dell’uomo, forse parte costitutiva dell’aspetto dolente dell’umanità.
Anche quando questa violenza emerge negli aspetti più evidenti e più estremi della violenza (uccisione del partner, del figlio, del genitore etc.) resta una difficoltà a fondarne una lettura critica, a interpretare distintamente il fenomeno in presenza di una limitatezza delle nostre conoscenze complessive e di un sistema di analisi compiuto.

Permane anche per questi casi estremi ed evidenti in sé, una resistenza istituzionale ad assumere dimensione e valenza sociale. Insomma, evidenti ma istituzionalmente silenti, fatto salvo l’ovvio ma insignificante clamore mediatico.
Eppure tutti gli aspetti richiedono e richiamano studio, anche perché sono fenomeni storici, evolutivi: sono un aspetto del modo di essere della nostra società.

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09 Mag 2013

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Percorso formativo Lei & Lui
Iniziativa di 5 incontri, svolti presso l’Aula Magna del Liceo Artistico M.Olivieri, Brescia 

Relatori e Relatrici:

18 Aprile 2013 – Alessio Miceli.
Associazione Maschile Plurale; Riconoscersi tra donne e uomini. Un’amicizia politica a Milano contro la violenza maschile sulle donne.
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09 Maggio 2013 – Elisabetta Zamarchi.
Filosofa e counselor filosofica – Socia di ALI. Associazione lacaniana italiana di psicoanalisi; Riconoscersi tra donne e uomini. Un’amicizia politica a Milano contro la violenza maschile sulle donne.
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16 Maggio 2013 – Cecilia Edelstein.
Psicologa e terapeuta familiare – Docente Master sull’immigrazione Università Ca’ Foscari di Venezia; Le dinamiche relazionali della coppia mista: vincoli e risorse.
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23 Maggio 2013 – Maurizio Quilici.
Giornalista – Presidente dell’Istituto di studi sulla paternità; Paternità e separazione: con gli occhi del padre.
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06 Giugno 2013 – Lea Melandri.
Saggista – Presidente della Libera Università delle Donne di Milano; L’inermità armata dell’uomo figlio.
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30 Apr 2013

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Video: Incontro con Alessio Miceli.

Lei & Lui – solitudini, conflitti, relazioni (catastrofi e giochi), avvenuto il 18 Aprile.
Relatore: Alessio Miceli, dell’Associazione Maschile Plurale.
Argomento trattato: Riconoscersi tra donne e uomini. Un’amicizia politica a Milano contro la violenza maschile sulle donne. Per un maggior approfondimento è possibile leggere il libro: “Trasformare il maschile,
nella cura, nell’educazione, nelle relazioni.“ Ricordiamo che il prossimo incontro ci sarà il 9 Maggio, con Elisabetta Zamarchi, filosofa e counselor filosofica – Socia di ALI. Associazione lacaniana italiana di psicoanalisi: “Ripensare la relazione nel pluralismo delle differenze: vulnerabilità e intersoggettività”.
Per maggiori informazioni visionare il pdf della locandina: apri. [video type="youtube" clip_id="1a5EnMfdB0s" embed="object" width="600" theme="light"]
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26 Mar 2013

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Pieno sostegno alla Presidente Boldrini

In quanto Associazione contro il maltrattamento e la violenza alle donne, riteniamo profondamente offensive le parole inappropriate e scurrili utilizzate dall’Assessore Battiato durante il suo intervento al Parlamento europeo a Bruxelles: l’uso di un linguaggio corretto e adeguato dovrebbe essere alla base del ruolo istituzionale/politico ricoperto.

Il nostro pieno sostegno va alle dichiarazioni della Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini:

“Stento a credere che un uomo di cultura come Battiato, impegnato ora in un’esperienza di governo in una regione importante come la Sicilia, possa aver pronunciato parole tanto volgari“ “Da presidente della Camera dei Deputati e da donna respingo nel modo più fermo l’insulto che da lui arriva alla dignità del Parlamento. Neanche il suo prestigio lo autorizza ad usare espressioni così indiscriminatamente offensiva. La critica alle manchevolezze della politica e delle istituzioni può essere anche durissima, ma non deve mai superare il confine che la separa dall’oltraggio.

21 Mar 2013

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"Self Portraits" Laboratorio di carta fatta a mano di Alessia Gusmini e Erica Linetti

Ecco un interessante progetto, realizzato da Alessia Gusmini ed Erica Linetti con le Ospiti e i collaboratori di Casa Ozanam; la Casa delle Donne ha dato il suo contributo inizialmente per l’avvio del progetto.


Alessia ed Erica descrivono così il loro lavoro:

” Lo scopo del progetto è dare alla persona la possibilità di conoscere strumenti e tecniche per ricercare una via espressiva, al fine di acquisire un modo nuovo di guardare a se stessa, e di riattivare una propria sensorialità. Inoltre, ci si propone di portare la persona, attraverso il lavoro artistico, in un atteggiamento che non sia  quello di isolarsi o di tacere il proprio dolore, ma che la aiuti a relazionarsi all’interno di un gruppo, per dire qualcosa di sé, per mettersi alla prova in termini inventivi con materiali e tecniche per cominciare a intuire cosa vuol dire arte e poterlo fare attraverso un lavoro piacevole.

L’obiettivo è realizzare un laboratorio che abbia come aspetto principale quello dell’attività sensoriale: attraverso la produzione della carta fatta a mano si pone la persona in condizioni di vedere-sentire-percepire una materia che si trasforma, si scioglie, si impasta, si colora.

Perché abbiamo scelto la carta?
Perché essa è un materiale che nasce, si crea, si trasforma, prende colore, forma, consistenza attraverso un processo che attiva sensorialmente chi la sta lavorando.
Metaforicamente inoltre, perché la carta è uno strato, è una superficie, portatrice di segni, di gestualità, di colori che possono evocare.
Esteticamente, perché è fragile, delicata, raffinata.

Il progetto è rivolto a un gruppo che vada dalle 4 alle 6 persone, che abbiano desiderio e necessità di rielaborare un trauma o una violenza psicologica/fisica subita, tramite il lavoro artistico e il supporto tecnico delle artiste terapiste.

I materiali necessari sono:[list style=”list1″ color=”blue”]
  • vasche di plastica (2) che possano contenere acqua e impasto per la carta
  • telai (4-6)
  • frullatore
  • spatole
  • pennelli
  • colle
  • spugne
  • lenzuola
  • colori acrilici
  • colori in pigmento
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Lo spazio adeguato è quello di una normale aula o stanza adibita a laboratorio, dove si possa stendere del cellophane sul pavimento e si possa disporre un tavolo centrale. “

Il progetto si è concluso positivamente con una piccola mostra aperta al pubblico l’8 marzo presso l’associazione Casa Ozanam.
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