16 Gen 2014

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Dati 2013

Nel corso del 2013, durante l’attività d’accoglienza in favore delle donne vittime di violenza, sono stati raccolti – in totale anonimato – i seguenti dati riguardanti: nazionalità, età, scolarità, condizione economica, tipo di maltrattamento.

Dai dati possiamo confermare che le donne da noi accolte sono state un totale di 363 (in aumento rispetto agli anni precedenti), di cui la maggior parte, 243, di nazionalità italiana, mentre 91 di nazionalità extra europea e solo 29 di altre nazionalità appartenenti all’Unione Europea. Per maggiori informazioni sui dati e sulle azioni a contrasto della violenza di genere visionare il PDF sottostante:

[icon_link style=”download” color=”blue” href=”https://www.casadelledonne-bs.it/wp-content/uploads/2014/04/violenza-di-genere.pdf” target=”_blank”]scarica il file in .pdf[/icon_link]

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07 Gen 2014

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GENITORIALITà come OPPORTUNITà

Ciclo di 8 incontri interattivi sulla funzione educativa della genitorialità:

Sei un genitore che ha uno o più figli/ figlie adolescenti e hai spesso la sensazione che vivano in un mondo altro e a te incomprensibile? Le professioniste della Casa Delle Donne ti propongono un gruppo di condivisione con altri genitori per provare insieme ad avvicinare il mondo degli adulti a quello degli adolescenti.

Gli incontri si svolgeranno a cadenza quindicinale dalle ore 17:30 alle ore 19:30 a partire da lunedì 3 febbraio 2014, presso la Casa Delle Donne in via s. Faustino 38 Brescia.

Numero di partecipanti limitato;
Quota di iscrizione € 10.

 

Per informazioni e iscrizioni:
030 2400636 – 2807198
casa@casadelledonne-bs.it

16 Dic 2013

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Liete Festività

Augurando liete festività, avvisiamo che l’attività dell’Associazione sarà sospesa dal 23 dicembre fino al 6 gennaio; la segreteria telefonica, l’e-mail e i vari social network resteranno comunque attivi e disponibili.

[image srctype=”form” align=”center” icon=”zoom” lightbox=”true” width=”600″ autoHeight=”true” link=”https://www.casadelledonne-bs.it/wp-content/uploads/2013/12/auguriblu3.jpg”]2091[/image]

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11 Dic 2013

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Corso: la prassi quotidiana del centro antiviolenza

Programma del corso di aggiornamento e di formazione permanente rivolto a tutte le figure che collaborano con la Casa Delle Donne CaD-Brescia: operatrici, psicologhe, counselor e avvocate.La partecipazione è liberamente aperta anche a chi è sensibile all’argomento e desidera approfondirlo. Il corso si svolgerà in 3 giornate, dalle 18 alle 20, presso la sede dell’Associazione in via s.faustino 38, Brescia:

27 Nov 2013

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Violenza di genere, il Tavolo in Regione

Anche l’Associazione di Brescia Casa delle Donne – rappresentata da Maria Teresa Cannone – fa parte del Tavolo contro la violenza sulle donne che si è insediato nella mattina di lunedì 25 novembre, alla presenza dell’assessore regionale alla Casa, Housing sociale e Pari opportunità Paola Bulbarelli, che lo presiede. Il Tavolo permanente per la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne, previsto dalla Legge regionale 11/2012, è composto da 24 membri, 12 dei quali rappresentano le Istituzioni (sistema sanitario, Questura, Tribunale, Enti territoriali, Istituto scolastico regionale) e gli altri 12 (uno per provincia) il sistema associativo.
«Non poteva certo esserci data più significativa di quella del 25 novembre», ha detto Bulbarelli, presentando i componenti, «per insediare il Tavolo. In tutto il mondo oggi si ricorda che la violenza contro le donne costituisce una violazione dei diritti umani, un attacco alla inviolabilità, alla dignità e alla libertà della persona». Bulbarelli ha auspicato che l’insediamento del Tavolo aiuti e favorisca la realizzazione di nuovi Centri antiviolenza, visto che il Lombardia ce ne sono solo 16 (a Brescia, l’unico è la Casa delle Donne), mentre l’Europa dice che dovrebbero essere 200. L’assessore ha poi ricordato i recenti stanziamenti di 1,25 milioni di euro a sostegno delle iniziative delle reti territoriali e dei soggetti che desiderano presentare progetti di parità.

(Fonte articolo: QuiBrescia.it)

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20 Nov 2013

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Iniziative in occasione della Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne

venerdì 22 novembre

CARPENEDOLO: ore 20:30, presso la sala Polivalente di Palazzo Laffranchi,  è stato organizzato un incontro sul tema della violenza alle donne: “Protezione, Repressione, Educazione, Prevenzione
Interverranno: Anna Maria Gandolfi, Consigliera di Parità Prov. Brescia, Piera Stretti, Presidente della Casa Delle Donne CaD-Brescia, Aldo Braga, Presidente dell’Associazione Cerchio Degli Uomini Brescia.

[image srctype=”form” align=”center” icon=”zoom” lightbox=”true” width=”500″ autoHeight=”true” link=”https://www.casadelledonne-bs.it/wp-content/uploads/2013/11/1-Locandina1.jpg”]2045[/image]

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sabato 23 novembre

LENO: ore 21,00, al civico Teatro di Leno, Associazione Donne Oltre con il Patrocinio del Comune di Leno, Porta in scena lo spettacolo: “Centotrentasetteprodotto e realizzato dall’associazione culturale “Teatro Dioniso”.

 

domenica 24 novembre

BRESCIA: ore 15:30, verrà proiettato il film “Once Were Warriors“, di Lee Tamahori, presso la Sala Sant’Agostino Palazzo Broletto, Piazza del Duomo, Brescia. In contemporanea mostra Ti amo troppo.. no al silenzio! di Corvo Rosso.
Iniziativa organizzata dalla Casa Delle Donne CaD-Brescia, il Cerchio Degli Uomini di Brescia, la Consigliera di Parità della prov. di Brescia.

[image srctype=”form” align=”center” icon=”zoom” lightbox=”true” width=”500″ autoHeight=”true” link=”https://www.casadelledonne-bs.it/wp-content/uploads/2013/11/1-24nov.jpg”]2016[/image]

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lunedì 25 novembre

BRESCIA: ore 17:00, Se Non Ora Quando Brescia organizza un incontro sotto la Loggia (Brescia) per riflettere, parlare, ascoltare, cantare insieme, fare proposte.
Aderiscono all’iniziativa: Casa delle donne di Brescia, Maschile Plurale, Il Cerchio degli uomini, Colori e Sapori, Camera del lavoro di Brescia, Donne SPI CGIL, Funzione Pubblica CGIL;

BRESCIA: ore 18:30, la Casa Delle Donne CaD-Brescia proietterà presso la sede in via s.faustino 38, Brescia, il film-documentario “Una su 3“, di Antonio De Luca, Nerina Fiumanò, Stefano Villani, Michele Maggi, regia di Claudio Bozzatello;

[image srctype=”form” align=”center” icon=”zoom” lightbox=”true” width=”500″ autoHeight=”true” link=”https://www.casadelledonne-bs.it/wp-content/uploads/2013/11/1-unasu3.jpg”]1983[/image]

FLERO: ore 20:30, presso la Sala Consiliare di Flero, ci sarà la proiezione del film “Sin by silence”, con l’intervento di alcune collaboratrici della Casa Delle Donne CaD-Brescia: l’Operatrice Maria Teresa Cannone e le Avvocate Bagetto e Genchi;

LUMEZZANE: ore 20:30, presso il Teatro Odeon, si svolgerà una tavola rotonda intorno ad un interrogativo tormentato e, in molti casi, irrisolto: “Perché tanta violenza contro la mamma a la fidanzata?”
Moderatrice della serata, la dott.ssa Chiara Cominacini in Bulgarini, Psicoterapeuta. Interverranno il rev.do don Valmore Campadelli, docente di Teologia, il dott. Cesare Bonamartini, Giudice del Tribunale di Brescia, il  m.llo Antonino Calorenni, Comandante Stazione Carabinieri di Lumezzane, il prof. Mauro Zoli, Dirigente Scolastico Istituti  “Primo Levi” e “Carlo Beretta” e il dott. Aldo Braga,  Psicologo, Presidente  della Associazione “Cerchio degli Uomini Brescia”.

CARPENEDOLO: ore 21:00, presso Palazzo Laffranchi, ci sarà la proiezione del film: “North Country – Storia di Josey”, regista Niki Caro, USA 2005 a cura della Commissione Giovani.

 

martedì 26 novembre

BRESCIA: ore 20:40, la Compagnia del Fare e Disfare – gruppo di Playback Theatre di Brescia – presenta una performance di Playback Theatre: “No, grazie …”, presso l’Auditorium San Barnaba – Brescia, Corso Magenta 44/A

[image srctype=”form” align=”center” icon=”zoom” lightbox=”true” width=”500″ autoHeight=”true” link=”https://www.casadelledonne-bs.it/wp-content/uploads/2013/11/1-NoGrazie.jpg”]2046[/image]

LUMEZZANE: ore 20:30, presso il Teatro Odeon, verranno proiettati il film documentario “Una su 3” e il cortometraggio “Valeria”, al cui termine seguirà un dibattito coordinato dalla dott.ssa Chiara Cominacini in Bulgarini.

 

mercoledì 27 novembre

BRESCIA: ore 13:15, presso Spedali civili ingresso satellite, “Il silenzio è rotto”, voci, musica e testimonianze contro la violenza alle donne.

 

venerdì 29 novembre

REZZATO: ore 20:45, presso la sala del Consiglio Comunale di Rezzato, “ANCH’IO CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
Il Tavolo Donne e Pari Opportunità incontra, sulla mozione contro la violenza approvata all’unanimità il 23 novembre 2012, l’amministrazione, i rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni del territorio e la cittadinanza.
Introduce la Consigliera delegata alle Pari Opportunità Dott.ssa Carla Ferrari Aggradi

 

venerdì 6 dicembre

REZZATO: ore 20:45, presso la sala comunale Italo Calvino, Comune di Rezzato, “DONNE E UOMINI IN TRASFORMAZIONE“.
Intervengono LEA MELANDRI saggista, presidente della Libera Università delle Donne di Milano, BEPPE PAVAN redattore del foglio Uomini in cammino di Pinerolo, aderente all’associazione Maschile Plurale.

[image srctype=”form” align=”center” icon=”zoom” lightbox=”true” width=”500″ autoHeight=”true” link=”https://www.casadelledonne-bs.it/wp-content/uploads/2013/11/1-iniziativa-rezzato.jpg”]2047[/image]

Per modifiche, aggiunte e/o aggiornamenti contattateci.

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18 Nov 2013

Archivio

One Billion Rising For Justice: 14 febbraio 2014

[styled_table width=”93%”]Brescia: saremo in Piazza Loggia alle ore 17:00, in cui interverremo con altre Associazioni e Comitati. In seguito partirà il flash mob “Break the chain”.

Per ulteriori informazioni e aggiornamenti accedere al Gruppo su Facebook “One Billion Rising 2014 – Brescia“.[/styled_table]

One Billion Rising amplia i suoi orizzonti e approfondisce il tema della giustizia: “V-Day, il movimento globale per porre fine alla violenza contro donne e bambine, insieme alla campagna One Billion Rising, hanno annunciato il lancio di UN MILIARDO PER LA GIUSTIZIA (ONE BILLION RISINGFOR JUSTICE).
La campagna trae la sua forza dall’energia e dall’impeto civile creatisi nel 2013, quando un miliardo di attivisti in 207 paesi si sono unit i per sollevarsi, scioperare, danzare, per porre fine alla violenza contro donne e bambine. Quest’anno, ci concentreremo sulla questione della giustizia per tutte le donne sopravvissute alla violenza di genere e sui metodi per porre fine alla dilagante impunità che prevale a livello globale. UN MILIARDO PER LA GIUSTIZIA (ONE BILLION RISING FOR JUSTICE) chiama le donne, gli uomini e i giovani di tutto il mondo a riunirsi pacificamente il 14 febbraio 2014 davanti ai luoghi in cui abbiamo il diritto di ottenere giustizia: tribunali, stazioni di polizia, uffici governativi, tribunali militari, ambasciate, luoghi di culto,istituti o semplicemente luoghi di riunione pubblici in cui le donne meritano di sentirsi al sicuro ma dove troppo spesso non lo sono. La campagna attesta la consapevolezza dell’impossibilità di porre fine alla violenza contro le donne senza analizzare l’influenza esercitata dalla povertà,dal razzismo, dalla guerra, dal disprezzo dell’ambiente, dal capitalismo,dall’imperialismo e dal patriarcato. L’impunità si trova nel cuore di queste forze interagenti.

“Molti dei nostri sostenitori ci hanno scritto per dirci che quest’anno volevano andare oltre, andare più in profondità, affrontare la questione dell’impunità e della mancanza di responsabilità da parte delle istituzioni, quali fattori significativi nella perpetuazione della violenza contro le donne. UN MILIARDO PER LA GIUSTIZIA (ONE BILLION RISING FOR JUSTICE) chiama le sopravvissute, e coloro che le hanno aiutate, a rompere il silenzio – con azioni di rottura, atti politici, atti artistici – attraverso l’arte, la danza, le processioni, i rituali, con canzoni, parole, testimonianze e altre modalità che meglio esprimano il loro senso di ribellione, i loro bisogni, i loro desideri e la loro gioia”, ha affermato Eve Ensler, fondatrice del V-Day e di One Billion Rising.  “In concomitanza a questo lancio, sono felicissima di annunciare che Monique Wilson – da 15 anni straordinaria attivista del V-Day, la donna che ha letteralmente ispirato tutte le 7000 isole nelle Filippine a sollevarsi e a danzare – si unisce a noi come capo della campagna Un miliardo per la giustizia”.

“Le nostre storie sono state sepolte, negate, cancellate, alterate e minimizzate da sistemi patriarcali che permettono all’impunità di regnare”, ha affermato Monique Wilson, direttrice di One Billion Rising, attivista e attrice. “La giustizia comincia quando parliamo della verità, quando la liberiamo e riconosciamo, in uno spirito di solidarietà e di comunità. UN MILIARDO PER LA GIUSTIZIA è un invito a liberarci dalla prigionia, dagli obblighi, dalla vergogna, dalla colpa, dal dolore, dalla sofferenza, dall’umiliazione, dalla rabbia e dalla schiavitù.

La via verso la giustizia comincia con il riconoscere come alla violenza venga permesso di esistere e di perpetuarsi – denunciando quali sono i luoghi in cui il patriarcato endemico e la misoginia istituzionalizzata creano una barriera che impedisce alle donne sopravvissute di ottenere una vera giustizia”, ha affermato Wilson.”

One Billion Rising for Justice sta crescendo nelle proporzioni e negli obiettivi giorno per giorno, mentre attivisti di tutto il mondo in più di 100 paesi si riuniscono per organizzare le proprie manifestazioni. Tra gli altri, emozionanti esempi, troviamo:[list style=”list1″ color=”blue”]

  • Il Perù manifesta contro le molestie sessuali, invitando il sindacato degli operai edili a mettersi alla guida della campagna.
  • La Nigeria manifesta per continuare la propria lotta per porre fine ai matrimoni tra bambini e organizzando campagne mediatiche per stigmatizzare la legalizzazione della violenza nelle comunità.
  • Il Guatemala manifesta a sostegno delle leggi per proteggere le donne e per porre in primo piano le donne indigene e il loro punto di vista sulla giustizia.
  • Il Bangladesh manifesta per fare pressione sui partiti politici per far sì che la legislazione protegga le donne.
  • Los Angeles manifesta per promuovere la consapevolezza degli stupri e delle molestie sessuali tra i militari, coinvolgendo tribunali, polizia locale e dipartimenti di giustizia.
  • Haiti manifesta per mettere in luce l’impatto del terremoti su donne e bambine.
  • Gruppi in tutto il Regno Unito stanno progettando diverse manifestazioni, con laboratori sul tema della giustizia nel contesto britannico, previsti in tutto il paese a partire dal prossimo mese.
  • Le Filippine manifestano contro la militarizzazione, l’avidità delle multinazionali, il lavoro nelle miniere, l’ingiustizia economica e lo sfruttamento della forza lavoro, e contro i saccheggi perpetrati da un governo corrotto che hanno un drammatico impatto su donne e bambine.
  • L’India manifesta concentrandosi sull’ingiustizia ambientale ed economica e terrà tribunali femminili da qui al 14 febbraio.
  • Gruppi di migranti in tutto il mondo – sotto la guida di Justice for Domestic Workers nel Regno Unito, e la rete di lavoratori filippini migranti in 2 paesi – manifestano per ottenere migliori diritti per lavoratori locali e migranti ovunque, e per porre fine alla schiavitù contemporanea.
  • La Mongolia manifesta insieme all’organizzazione Beautiful Hearts conducendo una campagna per mettere in luce gli effetti degli abusi sessuali.
  • L’Italia manifesta con enormi raduni organizzati via internet in tutto il paese.
  • La Birmania manifesta con laboratori che si terranno alla fine di ottobre in preparazione della propria campagna.
  • Il Pakistan manifesta con una campagna V-Men per coinvolgere uomini e ragazzi nella lotta alla violenza contro donne e bambine.
  • Il Sudan manifesta con giovani donne alla guida di una campagna che guarda ai problemi con il sistema giudiziario e quello dei tribunali quali ostacoli che impediscono alle donne di ottenere giustizia.

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Per unirvi al V-Day e a ONE BILLION RISING FOR JUSTICE:

FIRMATE su www.onebillionrising.org
MI PIACE su Facebook:  Facebook.com/vday
SEGUITE su Twitter @VDay; #rise4justice
REGISTRATE il vostro evento sulla mappa di One Billion Rising For Justice
COLLEGATEVI ad altri attivisti in tutto il mondo
CONDIVIDETE “quello che la giustizia è per voi” (What Justice Looks Like) attraverso video, parole, canzoni, opere d’arte, poesia…
LEGGETE il contenuto del blog curato dai coordinatori globali e dagli attivisti (per l’Italia: obritalia.livejournal.com)
GUARDATE il cortometraggio di One Billion Rising For Justice
CONOSCETE I nuovi coordinatori globali

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18 Nov 2013

Archivio

Doris Lessing

Cara Doris, l’oro del tuo taccuino continuerà a splendere, l’erba a cantare…

Biografia

«In poche parole, avevo cominciato a colorare la mappa del mondo con le tinte e i colori della letteratura. Questo produce due effetti (almeno). Uno è quello di perfezionare la conoscenza che si ha dei propri simili, gli essere umani. L’altro è quello di farti conoscere società, paesi, classi sociali, modi di vivere.»

Doris May Tayler nasce il 22 ottobre 1919 in Persia. Il padre, Alfred Cook Tayler, era stato ufficiale dell’esercito britannico nella prima guerra mondiale e, dopo aver sposato la madre di Doris, infermiera, si trasferisce nell’attuale Iran dove lavora come impiegato in banca. Dopo pochi anni, la famiglia si trasferisce nella colonia britannica della Rhodesia meridionale (l’attuale Repubblica dello Zimbabwe, indipendente dal 1965) dove gestisce, con scarso successo, una coltivazione di mais. Doris Lessing trascorre l’infanzia in fattoria e riceve una breve formazione scolastica, prima in un convento cattolico (nonostante la famiglia sia protestante) poi in una scuola femminile, ma l’esperienza educativa è per lei sgradevole e deludente. A tredici anni, quindi, decide di abbandonare l’istruzione ufficiale e prosegue, da quel momento, da autodidatta.
Il 1932 è l’anno in cui Lessing combatte – questi sono i termini in cui ne parla – per difendere la propria vita da sua madre: ha 14 anni e l’ingresso effettivo nell’adolescenza non fa che accentuare quei contrasti che caratterizzano da sempre la relazione tra le due (tema centrale poi in molti suoi romanzi). L’anno successivo, nel 1933, lascia la fattoria e si trasferisce a Salisbury dove trova un impiego come bambinaia. La famiglia presso la quale lavora si fa arrivare dall’Inghilterra libri di politica e di sociologia che Doris ha la possibilità di leggere. Il suo interesse per questioni sociali e politiche (si scaglia contro la segregazione razziale e contro le consuetudini discriminatorie dei colonizzatori verso la popolazione indigena), fino ad allora solo frutto di un’inclinazione emotiva, trova finalmente fondamento razionale. In quei giorni ha inizio anche ciò che lei stessa definisce come un periodo «in balia di un ardente desiderio erotico, che aveva preso il posto delle passioni romantiche della [sua] infanzia». A questo desiderio si accompagna una crescita nella consapevolezza matura del proprio corpo: sia i risvolti sessuali della sua esistenza, sia il rapporto non sempre sereno con il proprio fisico ritornano prepotentemente nell’opera di Lessing che non manca di includere nei suoi romanzi anche gli aspetti corporei della crescita dei personaggi, evidenziando la possibilità di restituire loro quella naturalezza soffocata dalla società moderna.
Dopo un periodo di lavoro come centralinista, si sposa nel 1939 con Frank Charles Wisdom. Nascono due bambini, John e Jean, ma il matrimonio si rivela un fallimento al quale essa stessa decide di porre fine nel 1943 lasciando marito e figli. In quello stesso periodo nasce in lei il fervore politico che la porta a tesserarsi al Partito Comunista.

«Si diventava comunisti per una forma di cinismo nei confronti del proprio governo – questa era la prima cosa. O perché ti eri innamorato di una comunista, com’era successo a Gottfried Lessing. O perché qualcuno ti portava a un raduno e ti sentivi travolto da un’emozione collettiva. Perché ti avevano portato a un raduno di partito e avevi trovato affascinante l’atmosfera di cospirazione. O per l’idealismo che c’era nel partito. Perché avevi una predilezione per l’eroismo o la sofferenza. Nel mio caso fu perché per la prima volta nella mia vita incontrai un gruppo di persone (e non individui isolati) che leggevano di tutto, non pensavano che leggere fosse una cosa straordinaria, e per le quali alcune mie riflessioni sulla questione indigena, che a stento avevo osato esprimere ad alta voce, erano semplici luoghi comuni. Diventai comunista a causa dello spirito dei tempi. A causa dello Zeitgeist.»

Lessing si adopera in particolare per la causa africana a favore della quale continuerà a battersi anche dopo aver lasciato il Partito, nel 1954.
Sempre nel 1943 sposa Gottfried Lessing, dal quale prende il cognome. I due hanno un figlio, ma anche questa relazione finisce rapidamente; una volta ottenuta l’autorizzazione a trasferirsi in Inghilterra, nel 1949, si separano e lei va a Londra portando con sé il figlio Peter. È solo allora che ha inizio la sua carriera di scrittrice; già molti anni prima si era cimentata in un paio di romanzi ma il risultato era stato insoddisfacente.
Ha inizio insomma il lavoro di una fra le più grandi scrittrici del Novecento, prolifica per quantità e ricchezza tematica e stilistica. Doris Lessing ha anticipato temi e discorsi che sarebbero diventati centrali nella società solo tempo più tardi, quelle crisi che hanno poi determinato nuovi orientamenti sociali e culturali: la donna in relazione alla società, alla famiglia e alla politica; la questione delle condizioni sociali e politiche degli africani nelle colonie e l’ingiustizia del sistema di potere politico dei bianchi (per queste critiche, nel 1956 viene bandita da Zimbabwe e Sudafrica dove fa ritorno solo nel 1995); il coinvolgimento politico individuale e il rapporto del singolo nella società.
Nel 1946, incinta del terzo figlio, scrive il primo romanzo L’erba canta – contro la segregazione razziale in Rhodesia – e lo pubblica nel 1949. Ne segue Martha Quest, il primo volume della serie Figli della violenza composta da cinque romanzi (Martha Quest, Un matrimonio per bene, Echi della tempesta, Landlocked e The Four-Gated City) che escono tra il 1952 e il 1969. In questo arco di tempo scrive altre opere tra le quali spicca Il taccuino d’oro del 1962: documento e testimonianza del clima intellettuale e morale dell’Inghilterra della metà del Novecento.
Negli anni Settanta la produzione di Doris Lessing si sposta dalla condizione sociale dell’individuo alla condizione mentale delle donne e degli uomini che vivono in una società tecnologicamente avanzata: Discesa all’inferno, Memorie di una sopravvissuta e Summer Before the Dark esplorano il confine tra la normalità e la follia e lo sviluppo di facoltà extrasensoriali.
Cruciale è la riflessione sul linguaggio: nelle opere precedenti usato come veicolo onesto e naturale per comunicare un significato, qui invece oggetto stesso della narrazione che diventa un viaggio alla ricerca di significato.
Nelle opere pubblicate tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, Doris Lessing sperimenta il genere della fantascienza: nei cinque romanzi della serie Canopus in Argo: Archives series l’autrice reinventa la storia della Terra, dalle origini all’età contemporanea, attingendo anche a elementi fantasy d’ambientazione medievale, ricostruendo un mondo fatto di re, regine, matrimoni e missioni avventurose.
Solo nel 1985, con la pubblicazione de La brava terrorista, e nel 1988 con Il quinto figlio, la scrittrice ritorna alle origini realiste: anche se gli ideali del dopoguerra si sono rivelati puramente utopici e hanno fallito nella loro missione (sia quelli politici – l’occupazione di una casa a Londra ne La brava terrorista – sia quelli familiari – i due protagonisti de Il quinto figlio che decidono di dedicarsi esclusivamente all’educazione dei figli), ciò che conta è la possibilità individuale di agire per ricostruire una dimensione sociale e politica di umanità, fondata sulle relazioni, sia nel piccolo ma quanto mai articolato e complicato universo familiare (La cosa più dolce), sia in quello collettivo più ampiamente inteso. Proprio le relazioni umane, descritte nei dettaglio attraverso i gesti della quotidianità, diventano rimedio, rifugio e riscatto a fronte di una storia o un destino – anche biologico, come in Se gioventù sapesse – segnati dalla tragedia, ma che a essa non si arrendono. La sua scrittura, senza apparire mai pretenziosa né alla ricerca di uno stile letterario, restituisce il complesso di questa specie di eroismo che è la vita stessa come in un velo impalpabile che si carica, per il lettore, di una straordinaria consistenza: è una tessitura fitta e lieve, instancabile, nella quale ogni dimensione dell’esistenza viene evocata e collegata alle altre, senza possibilità di districare l’una dall’altra: i gesti, come abbiamo detto, ma anche le sensazioni, i pensieri, le cornici cognitive entro cui si srotolano le esperienze e gli accadimenti cui vanno incontro i suoi personaggi.
Nel 1994 e nel 1997 Doris Lessing pubblica due volumi della sua autobiografia: Sotto la pelle (1919-1949) e Camminando nell’ombra (1949-1962) ma non scrive il terzo e ultimo, come aveva progettato in un primo tempo. Nel 2000 esce il seguito de Il quinto figlio, Ben nel mondo e nel 2001 Il sogno più dolce. L’ultimo romanzo, pubblicato nel 2008 è Alfred e Emily che racconta la storia dei genitori dell’autrice.
Ha pubblicato anche numerose raccolte di racconti, tra cui: L’abitudine di amare (1957), Racconti africani (1964), Gatti molto speciali (1967); La storia di un uomo che non si sposava (1972); Racconti londinesi (1992) e Le nonne (2003); ha scritto anche saggi sociopolitici come Le prigioni che abbiamo dentro (1987) e Sorriso africano. Quattro visite nello Zimbabwe (1992).
Nel corso della sua carriera è stata oggetto delle attenzioni di un pubblico internazionale, attraverso le numerose traduzioni delle sue opere, ma anche a livello accademico già a partire dagli anni Cinquanta con il premio Somerset Maugham, il primo di una serie nutrita di riconoscimenti: nel 1995 riceve una laurea ad honorem dall’Università di Harvard, nel 1999 viene proclamata Companion of Honour, onore attribuito dal Regno Unito a chi ha svolto un servizio nazionale di particolare rilievo, nella stessa occasione rifiuta la carica di Dama dell’Impero Britannico, mettendo in discussione l’effettiva esistenza di tale Impero, coerente con la propria convinzione politica di tutta la vita. Nel 2001 vince il Premio Principe de Asturias per le sue opere in difesa della libertà e del Terzo mondo, lo stesso anno viene premiata con il Grinzane Cavour e riceve anche il premio letterario britannico David Cohen. Nel 2007 riceve il Premio Nobel per la Letteratura con questa motivazione: «Questa cantrice dell’esperienza femminile, con scetticismo, passione e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa»

(Fonte: www.enciclopediadelledonne.it)

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16 Nov 2013

Archivio

24 Novembre: Once Were Warriors

Domenica 24 Novembre, alle ore 15:30,  in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), verrà proiettato il film “Once Were Warriors“, di Lee Tamahori, presso la Sala Sant’Agostino Palazzo Broletto, Piazza del Duomo. In contemporanea mostra “Ti amo troppo.. no al silenzio!” di Corvo Rosso

L’ingresso è libero e aperto a tutta la cittadinanza.

[image srctype=”form” align=”center” icon=”zoom” lightbox=”true” width=”500″ autoHeight=”true” link=”https://www.casadelledonne-bs.it/wp-content/uploads/2013/11/1-24nov.jpg”]2016[/image]

Jake Heke, soprannominato “Muss” (furia), ha un’indole molto aggressiva aggravata dal suo alcolismo cronico. Beth Heke è una fiera discendente da una nobile stirpe dei Maori, che per amore di Jake ha tagliato i ponti con la sua gente. Sono sposati da 18 anni; lui la picchia e la costringe a vivere nel degrado sottoproletario di Auckland, eppure lei continua ad amarlo. Ma ad un tratto la situazione precipita, coinvolgendo anche i figli: uno se ne va di casa per unirsi a una gang, un altro finisce al centro di assistenza sociale, la terza figlia, Grace, si suicida dopo esser stata violentata dal fratello di Jake. Beth capisce allora che è giunto il momento di cambiare vita.

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13 Nov 2013

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Storie di uomini violenti: «L’ho picchiata, aiutatemi». Di Adriana Comaschi

Ma era solo uno schiaffo. Lei sa che la sera torno stanco e continua lo stesso a stressarmi». «Quando mio figlio mi ha detto ‘papà basta fai piano’ ho capito che così non potevo andare avanti». «È vero l’ho aggredita, ma l’ho fatto per difendermi». Bisognerebbe provare a immaginarle, le espressioni dei centinaia che negli ultimi anni hanno bussato alla porta dei (pochi, 14 in tutta Italia) centri di ascolto per uomini che maltrattano le donne. Nessuno di loro si percepiva come un violento.

Italiani e stranieri, dai 35 ai 75 anni – «ma ultimamente colpisce la violenza anche tra ragazzi giovani» -, di tutte ma proprio tutte le estrazioni sociali. C’è il militare che butta a terra la moglie davanti alla bimba, e si spaventa del suo spavento, «oddio non pensavo di poter fare una cosa del genere». C’è il professionista esasperato, «non ne posso più dei litigi con la mia compagna», preoccupato di avere perso il controllo. Loro si sono fermati in tempo. Ma c’è anche il lavoratore marocchino, che solo dopo mesi di colloqui rievoca una scena agghiacciante: «Abbiamo iniziato a discutere in cucina, ero geloso e lei si è rifiutata di farmi controllare il cellulare. Ho visto che c’era un coltello, l’ho preso e gliel’ho dato addosso. Ho capito cosa stavo facendo solo quando ho visto il sangue…».

Voci tutte diverse e tutte uguali, unite dalla violenza. All’inizio solo verbale, ma poi dalle urla si passa ai piatti rotti, agli oggetti lanciati, alle sberle, agli strattonamenti. A volte al peggio. Un punto di vista che ancora manca, nel dibattito sulla violenza contro le donne. Ma che invece sarebbe fondamentale esplorare, se davvero si vuole tentare di prevenire gli esiti più terribili in tanti, troppi rapporti di coppia. È la riflessione proposta dal gruppo Abele, da 40 anni attivo nella difesa delle vittime di violenza e di sfruttamento sessuale, oggi e domani ad Avigliana (To), con un seminario che per la prima volta accende i riflettori sull’altro lato del problema. E sui centri che lo affrontano.

NEGARE E MINIMIZZARE

Lo sa bene Michela Bonora, assistente sociale. Impegnata nel progetto di training antiviolenza attivo dal 2010 nel Consultorio per uomini della Caritas di Bolzano, e insieme alla clinica Mangiagalli di Milano dove vede sfilare le vittime della violenza maschile, «oltre 500 l’anno. Sono questi i numeri che porto agli uomini che seguo con un collega psicologo, serve a riportarli a una realtà che negano». «L’approccio è sempre quello: negare e minimizzare la violenza, dire ‘è solo uno schiaffo’, spesso scaricando la responsabilità del conflitto sulla donna», conferma Domenico Matarozzo, counselor dell’associazione Cerchio degli uomini che da quasi 5 anni ha in gestione lo sportello di ascolto per il disagio maschile, aperto dalla Provincia dentro al Centro per le relazioni e le famiglie del Comune di Torino. Si è confrontato con oltre un centinaio di uomini, i primi sono arrivati dopo aver visto il volantino nella Asl o in farmacia, poi ha funzionato il passaparola. Mesi di colloqui, per qualcuno anche l’esperienza di un lavoro di gruppo, «in cui portiamo esempi positivi su come affrontare i conflitti, gestire la propria rabbia, riconoscere le proprie emozioni». E alla fine una certezza: «C’è un netto miglioramento in chi si rivolge a noi. E le violenze fisiche cessano».

Per arrivare a questo però occorrono tempo e motivazioni, spesso date dai figli. «C’è da mettere in discussione un intero modello culturale. Da noi arrivano persone normalissime, ma impregnate di una cultura machista. Che non si manifesta solo nel rapporto con la moglie, ma sul lavoro o in altre situazioni». A spingerli lì spesso è la compagna, un avvocato un terapeuta. In altri centri le proporzioni si invertono, e si arriva più che altro ‘inviati’ da servizi sociali o Tribunale dei minori. In questi casi la negazione dell’accaduto è ancora più forte, «non ho fatto quello di cui mi accusa mia moglie, non capisco perché sono qui». Poi, magari raccontando davanti ad altri certi episodi, «è come se percepissero la violenza per la prima volta – spiega Bonora -, solo allora subentrano senso di colpa e vergogna. Ma occorrono mesi. Considerano normali certi comportamenti finché lei non va via di casa, o non vedono gli effetti fisici della violenza».

«Chi è abituato al codice della violenza, quando finisce una storia ne inizia un’altra improntata agli stessi errori – avverte allora Ornella Obert, giurista del gruppo Abele -. Ricordo poi che la durata media di un processo penale per maltrattamenti è di 8 anni: un tempo ‘congelato’ per la legge, in cui però le relazioni vanno avanti e ad esempio il coniuge violento mantiene la patria potestà. Ecco perché è fondamentale lavorare sulla prevenzione». In questo senso, «bisogna che la politica faccia la sua parte. Ha iniziato con la legge sul femicidio, che apre spiragli interessanti. Si potrebbe pensare ad esempio, quando le forze dell’ordine attuano il nuovo allontanamento da casa del marito violento, di proporgli un percorso in questi centri di ascolto».

(Articolo di Adriana Comaschi, fonte: L’Unità 13.11.13)

[styled_table width=”580px”]Elenco dei Centri e delle Associazioni per uomini maltrattanti: www.casadelledonne-bs.it/elenco-dei-centri-per-uomini-maltrattanti[/styled_table]

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